Psicologia ospedaliera

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Clownterapia: “La risata fa buon sangue”

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Thomas Sydenham, autorevole medico del XVII° secolo, era solito affermare che: “L’arrivo di un clown esercita, sulla salute di una città, un’influenza benefica superiore a quella di 20 asini carichi di farmaci”. Ancor prima, Ippocrate riconobbe al buon umore la potenzialità di migliorare il decorso di una malattia; qualche secolo più tardi lo stesso Freud ritenne così rilevante i “motti di spirito”, da dedicarvi un intero libro, ma nonostante vi fossero diverse testimonianze a favore del potere terapeutico della risata, la questione è stata completamente trascurata per secoli.

Solo a partire dagli anni settanta, medici e psicologi cominciano a mostrare un serio interesse per l’influenza del ridere, del senso dell’umorismo e di altre esperienze positive sull’organismo umano. Fondamentale in questo senso, è stata la nascita di un nuovo campo di ricerca, la PNEI (Psiconeuroendocrinoimmunologia) che abbracciando diverse discipline scientifiche (psicologia, neurologia, immunologia e endocrinologia), studia i rapporti che legano la psiche, il sistema nervoso, il sistema endocrino ed il sistema immunitario.

Il presupposto di base è che se mente e corpo interagiscono non risulta difficile accettare l’idea che l’umore, inteso come disposizione mentale più o meno positiva, possa regolare, o quantomeno influenzare il sistema nervoso centrale, quello ormonale e quello immunitario.

È su tale convinzione che si basa il principio curativo della comicoterapia o clownterapia, una pratica che prevede l’attuazione di tecniche clownesche (derivate dal circo o dal teatro di strada) in contesti di disagio, quali: ospedali, case di riposo, case famiglia, centri diurni, orfanotrofi. Nonostante l’attività dei clown dottori sia nata nei reparti pediatrici degli ospedali, svariati sono i contesti operativi di tale pratica: dai reparti di geriatria o medicina interna, fino ai contesti sociali più difficili, come le carceri o le missioni umanitarie. Un ultimo campo di lavoro è quello della formazione (insegnati e operatori socio-sanitari): si è dimostrato, infatti che i contenuti d’apprendimento presentati in maniera umoristica, vengono assimilati e ricordati con maggior facilità.

Quali sono le origini della clownterapia?
Il primo caso documentato dell’effetto positivo della “terapia del sorriso“, detta anche “gelotologia”, fu quello di Norman Cousins, un noto scrittore che dopo un periodo di grande stress, si ammalò di spondilite anchilosante, una grave malattia dei tessuti connettivi delle articolazioni, che lo costrinse all’immobilità in un letto d’ospedale. Immune alle terapie mediche tradizionali, Cousins, convinto del potere curativo delle emozioni positive, si sottopose ad una sorta di “cura del riso”, utilizzando a questo scopo film comici e vecchi filmati di candid camera, in combinazione con 25 grammi al giorno di vitamina C per scongiurare il rischio “infezioni”. L’inconsueta terapia, mal vista dal personale medico dell’ospedale, lo indusse a continuarla a casa propria, dove nel giro di alcuni mesi riacquistò la capacità di scrivere di nuovo a macchina, per poi ristabilirsi completamente dopo un anno. Diversi medici ritennero che a favorire la guarigione di Cousins, non fu solo la risata, ma anche l’estrema fiducia nell’autoguarigione, l’aver condiviso la responsabilità della terapia con i dottori, l’assenza di panico di fronte alla pericolosità della malattia.
A partire da questo caso, si moltiplicarono le ricerche sull’argomento, molte delle quali dimostrarono che la risata incrementa la produzione di catecolamine ed endorfine (sostanze chimiche naturali che grazie al loro potente effetto analgesico, permettono il raggiungimento di uno stato di relax e tranquillità) e diminuisce la secrezione di cortisolo, ormone prodotto dalle ghiandole surrenali, strettamente connesso allo stress.
Il professor William Fry della Stanford University, uno dei più autorevoli studiosi della biologia del ridere, sostiene in maniera inconfutabile che la risata è un perfetto esercizio aerobico. La risata infatti:

  • incrementa l’apporto di ossigeno ai polmoni
  • aumenta la resistenza cardio-polmonare
  • rilassa i muscoli
  • massaggia gli organi interni
  • migliora la circolazione sanguigna
  • favorisce il sonno calmo e rilassato.

Successivamente, il dottor Lee S. Berk dell’Università di Loma Linda in California, in una recente ricerca rilevò che la risata aumenta il livello delle globuline A nella mucosa respiratoria, aiutando in maniera determinante chi soffre di asma e di bronchiti.
Non di minor importanza sono gli effetti psicologici e sociali dello humour; si è dimostrato infatti che la risata favorisce una particolare combinazione di stimolazione e rilassamento, unita ad un elevato senso di vitalità. Producendo un effetto rilassante e allo stesso tempo mentalmente euforizzante, la risata costituisce il fondamento di una buona salute mentale, un antidoto naturale allo stress e un potente stimolatore dei rapporti sociali. Non solo … una ricerca della Stanford University, condotta da Allan Reiss, ha messo in evidenza che sorridere e ridere attiva le aree cerebrali della ricompensa e del piacere, proteggendo a lungo termine, dal rischio di depressione.
I pionieri della clownterapia
Studi di questo tipo hanno caratterizzato la formazione di Hunter “Patch” Adams, il medico-clown statunitense, portato a conoscenza del grande pubblico grazie alla meravigliosa interpretazione di Robin Williams nel film “Patch Adams” (1998). Patch, fautore di un’assistenza sanitaria incentrata sulla presa in carico del paziente in modo “olistico” (nella sua totalità fisica, emozionale, mentale e con un ruolo attivo nel proprio percorso di guarigione), utilizzò la comicità per creare familiarità con i malati e ridurre il disagio e l’estraniazione dei degenti.
Per l’ingresso di un vero clown nella corsia ospedaliera, bisogna però attendere il 1986, anno in cui Michael Christensen, clown professionista del Big Apple Circus di New York, su invito e sotto la supervisione dei medici dell’ospedale pediatrico di New York, cominciò a fare visita ai bambini ospedalizzati nel ruolo di Mr. Stubbs, il suo personaggio clown. Christensen è il fondatore della“Clown Care Unit”, unità di cura da parte di clown, che ancora oggi è fonte d’ispirazione per altre associazioni di comicoterapia. In Italia, tra le più conosciute troviamo:
– la “Fondazione Theodora”, che opera sia in Italia che all’estero;
– la “Fondazione Aldo Garavaglia- Dottor Sorriso”, con sede a Milano;
– l’Associazione di Volontari della “V.I.P. Italia Onlus (Vivere in positivo)”, con sede Nazionale a Torino, ma con la presenza di vari gruppi in quasi tutte le regioni italiane;
– l’Associazione “Ridere per Vivere”, di Roma.
Come si diventa clown-dottori?
Ad oggi non esiste un percorso unitario per diventare clown dottore; le associazioni onlus, prevedono però, un periodo di formazione di durata variabile, a cui il futuro clown dottore deve obbligatoriamente partecipare per acquisire le tecniche artistiche e le nozioni di psicologia necessarie. Nel primo periodo di servizio in corsia, è previsto un tirocinio durante il quale il neo-clown dottore, munito di camice personalizzato e truccato ad hoc, viene affiancato da un collega più esperto. Il servizio offerto viene programmato e concordato con lo staff della struttura in cui si va ad operare e gli interventi vengono decisi in rapporto al paziente con cui ci si intende relazionare (bambino, adulto, anziano, ecc.), da cui bisogna necessariamente ottenere un consenso. Il clown dottore è dunque colui che, indipendentemente dal proprio titolo di studio, opera nei contesti di disagio utilizzando le arti dei clown, integrate con conoscenze psico-socio-sanitarie, al fine di agire sulle emozioni per modificarle.

Alla luce di quanto detto, appare chiaro come nell’ottica di una presa in carico “olistica” del paziente, la “terapia del sorriso” possa essere considerata un ottimo strumento di relazione con il paziente, in particolare con il bambino ricoverato. Si pensi ai reparti di onco-ematologia pediatrica, dove la clownterapia può essere utilizzata per migliorare non solo i rapporti tra l’equipe (riducendo il rischio di burn-out tra il personale), ma soprattutto le dinamiche relazionali/comunicative con il bambino ed i suoi genitori, specie in una fase iniziale; può essere utile per ridare fiducia al bambino e ai suoi parenti e per umanizzare l’ambiente ospedaliero, rendendolo più vivibile.

Colmando il distacco tra il bambino e l’equipe ospedaliera e sdrammatizzando i trattamenti medici, la “terapia del sorriso” può servire a ridurre ansie e paure associate alla degenza.

L’ospedale e le procedure terapeutiche a cui il bambino malato è sottoposto, soprattutto se con malattia oncologica, può infatti generare in lui e nella sua famiglia, una moltitudine di emozioni negative angoscianti. Cercando di ridestare le emozioni positive, attraverso la “terapia del sorriso”, il clown dottore mira quindi a stimolare nel bambino o comunque, nel paziente in generale, la capacità di farcela e di reagire, valorizzandolo al di sopra della malattia, nella sua parte sana.

Un sorriso non costa nulla e rende molto. Arricchisce chi lo riceve, senza impoverire chi lo dona. Non dura che un istante, ma il suo ricordo è talora eterno.
Nessuno è così ricco, da poterne fare a meno. Nessuno è così povero, da non poterlo dare.
Crea felicità in casa, è sostegno negli affari, è segno sensibile dell’amicizia profonda.
Un sorriso da riposo alla stanchezza, nello scoraggiamento rinnova il coraggio, nella tristezza è consolazione, d’ogni pena è naturale rimedio.
Ma è bene che non si può comprare, né prestare, né rubare, poiché esso ha un valore solo nell’istante in cui si dona. E se poi incontrerete talora chi non vi dona l’atteso sorriso, siate generosi e date il vostro, perché nessuno ha tanto bisogno di un sorriso come chi non sa darlo ad altri.”
(P. Faber)

Da:http://www.benessere4u.it/clownterapia-la-risata-fa-buon-sangue/

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